Adermatoglifia: nascere senza impronte digitali
Romanzi gialli e cronache giudiziarie insegnano che ciascun essere umano può essere identificato dalle sue impronte digitali. Tranne i portatori di una malattia rarissima, l’adermatoglifia, che hanno i polpastrelli “lisci” dalla nascita.
L’adermatoglifia è talmente rara che finora è stata riscontrata solo in quattro famiglie allargate in tutto il mondo. Per trovarne le cause, il dermatologo Eli Sprecher del Sourasky Medical Center di Tel Aviv ha sequenziato il DNA di 16 membri di una di queste famiglie (residente in Svizzera), di cui sette hanno impronte digitali normali e nove ne sono privi. L’équipe di Sprecher ha cercato a lungo una mutazione genetica, finché un giovane dottorando ha trovato il colpevole: una versione breve di un gene detto SMARCAD1. Nella famiglia studiata, la versione breve del gene è espressa nella pelle: nei nove familiari senza impronte digitali il gene aveva subito una mutazione.
Il gene della adermatoglifia
La mutazione, sottolinea Sprecher, non è l’unica causa della malattia, ma è il primo anello in una catena di cause che finiscono per impedire la formazione delle impronte digitali nel feto. Gli altri anelli della catena, sostiene lo studioso, sono ancora tutti da scoprire.
Altre malattie genetiche, come la sindrome di Naegeli e la dermatopathia pigmentosa reticularis – legate ad anomalie della proteina cheratina-14 – possono causare l’assenza di impronte digitali, assieme ad altre condizioni patologiche come ispessimento della pelle e difficoltà nella formazione delle unghie. L’adermatoglifia, invece, ha scarsi effetti collaterali, tranne, a volte, una sudorazione leggermente ridotta. “In generale, le persone affette da adermatoglifia sono perfettamente in salute”, sostiene Sprecher.
La sua ricerca, prosegue lo studioso, potrebbe gettare luce sull’intera questione delle impronte digitali. “Dallo studio di una malattia rara siamo passati a una ricerca biologica di importanza generale. Se non avessimo studiato la famiglia svizzera, forse non avremmo mai individuato questo gene“.
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